Ad Expopet il seminario su ""La corretta gestione del cane in famiglia"" di Giovanni Giacobbe - Expopet

I cani sono diventati ormai membri delle nostre famiglie: diventa quindi necessario capirli ed educarli in modo da instaurare una corretta convivenza.

Impara a conoscerli e ad addestrali nel modo corretto grazie ai consigli di Giovanni Giacobbe, il quale sarà presente sabato 8 ottobre ad Expopet alle ore 17:30 con un'interessante e utile seminario su "La corretta gestione del cane in famiglia".

Ecco qualche piccola anticipazione in questa intervista.

Quanto è importante educare e addestrare il proprio cane?

«Addestrare ed educare possono diventare sinonimi, laddove si comprenda che in realtà sono strutture che servono a comunicare col proprio cane con un linguaggio comprensibile per lui e facilmente applicabile da noi. Io comunque propendo per dire che in una scuola di addestramento si addestrano i proprietari ad educare i propri cani».

Quali sono i primi insegnamenti che opportuno impartire?

«Innanzitutto, il primo elemento, forse il più importante, è far socializzare al meglio il proprio cane, cioè integrarlo con la vita sociale, e dunque inserirlo nelle dinamiche di vita vissuta nella quale lo catapulteremo in questa sua nuova vita con noi. Ma ciò andrebbe fatto entro i tre mesi di età del nostro nuovo compagno, perché il periodo della socializzazione, cioè questa "finestra temporale" da dedicare a questa integrazione con la nostra esistenza, va dai 28 agli 84 giorni, dalle quattro alle dodici settimane, e comunque non supera il tempo dell'impregnazione che si conclude ai 120 giorni di vita. Fatta salva dunque una corretta socializzazione, è auspicabile approdare a quegli esercizi, che in realtà noi definiamo come tali, ma che altro non sono che comportamenti assolutamente naturali nel loro gruppo sociale, e che noi ricodifichiamo come esercizi. Questi ultimi sono quelli che conosciamo un po' tutti : il seduto, il terra, la condotta del guinzaglio, il richiamo, che sono in sostanza quelle strutture che ci consentono di comunicare con i cani con un linguaggio che sia per loro assolutamente comprensibile, perché parte del loro patrimonio genetico, e per noi facilmente applicabile, perché codificabile in esercizio. Quindi noi non facciamo altro che mutuare dagli schemi della loro vita sociale un comportamento assolutamente naturale come potrebbe essere il mettersi a terra al cospetto di una mamma, e traslarlo nel nostro "branco misto", ridisegnandolo col nome di "terra" e con le modalità che esso assume nell'esercizio che noi tutti conosciamo. Queste strutture divengono dunque un mezzo di comunicazione inter-specifica, cioè strumenti per la comunicazione con una specie differente dalla nostra. Siamo noi che adeguiamo le nostre strutture comunicative alle loro possibilità cognitive».

Ci sono delle razze, o in generale cani, difficili da gestire? Quali sono invece quelle più semplici da educare?

«È chiaro che possono esserci dei cani "difficili", però questa prerogativa è assolutamente individuale e non certo ascrivibile ad una razza specifica, vittima magari di strumentali demonizzazioni mediatiche. Non è dunque una razza ad essere difficile, ma il singolo soggetto, magari per un vissuto complicato o traumatico, per problemi di socializzazione, oppure perché possano essere insorti disturbi del comportamento cagionati dalle motivazioni più disparate. Volendo un po' spostare il focus su un elemento non meno importante dei sopracitati, potremmo però aggiungere che in assoluto i cani più difficili sono quelli condotti da "padroni difficili", cioè da padroni che non comprendano le necessità etologiche e fisiologiche dei propri cani, o che abbiano gestioni totalmente anassertive, o che magari, peggio, umanizzino i propri cani, o che , meno colpevolmente magari, non abbiano saputo, o potuto, gestirne il vissuto in maniera attenta. In assoluto comunque c'è un parametro che si chiama docilità che indica la capacità di ogni soggetto di riconoscere l'uomo volontariamente come proprio superiore gerarchico. È chiaro che i cani più facili da educare sono quelli più docili, e i cani più indocili sono quelli più difficili, però questo non è un parametro assoluto. Certamente, però, anche la docilità non è una dote ascrivibile ad una razza piuttosto che ad un'altra in maniera categorica, ma va sempre valutato il singolo soggetto».

Un cane può essere educato anche in età adulta?

«Un cane può essere educato, o meglio, rieducato, anche in età adulta. In questo caso, si parla di modificazione comportamentale, che è un paradigma un po' differente dall'educazione di base, e che attiene ad un range di tecniche precipuamente volte alla risoluzione dei problemi del comportamento. Educare è più vicino alla parola plasmare probabilmente, mentre la modificazione comportamentale, invece, prevede che si provi a scalfire quella roccia granitica incarnata da quelle strutture del carattere che si siano magari ormai cristallizzate in "comportamenti indesiderati" , provando a smussare le "spigolature" della personalità del cane più seccanti da gestire».

Quali sono le domande che è solito ricevere dai proprietari? Quali sono le loro preoccupazioni?

«Le domande frequenti sono molteplici: le preoccupazioni maggiori di solito sono relative al fatto che il cane tiri in maniera spasmodica, che non torni al richiamo, che mangi un po' tutto da terra, che distrugga oggetti di varia natura o suppellettili, che salti addosso alle persone e molto altro. Direi che queste sono preoccupazioni che attengono alla dimensione dell'educazione civica cinofila: i proprietari comprendono che la gestione dei cani nella vita sociale non sia corretta e che l'equilibrio relazionale sia dunque precario, e pertanto si preoccupano di evitare che ci siano danni per i cani stessi e per l'incolumità pubblica. Molto spesso inoltre i proprietari lamentano problemi relativi a forme poliedriche di aggressività dei propri cani, sia nei confronti di altri cani, sia nei confronti dell'uomo o di altri animali. Spesso però il concetto di aggressività viene decisamente frainteso, ed i comportamenti ad essa correlati sono letti in maniera eufemisticamente impropria».

Expopet avrà il piacere di ospitarla in questa sua quarta edizione: può darci un accenno su quali saranno gli argomenti su cui verterà il suo seminario?

«Queste domande sono un buon filo conduttore per questo incontro ad Expopet, nel quale proverò a sviscerare meglio i temi trattati, in maniera certamente, comunque, più approfondita. Inoltre proverò a rispondere a qualunque domanda la gente voglia pormi sui propri cani».

Nel corso dell'incontro presenterà anche i suoi due libri "Un mare di cani" e "Io e il cane": ci può illustrare il contenuto di entrambi?

«Nel mio libro "L'io e il cane" ho provato a tracciare un'immagine della relazione possibile tra uomo e cane, cercando di osservare molte dimensioni della personalità umana, e quindi del suo io, in rapporto al cane. E così sono giunto alla teorizzazione di come esso possa essere un meraviglioso caleidoscopio dell'animo umano. Ho provato a tracciare dunque un quadro di questa relazione, sviscerandone vizi e virtù. Ho inoltre tentato di condurre il Lettore, alla comprensione che il rapporto più vero e sincero con il cane sia quello che ne rispetti l'alterità, cioè l'altro fuori da noi. E' quell'approccio dialogico che incarna il concetto di rispetto dell'alterità che consegna al nostro compagno di vita la sua dignità. Proprio perché sono le differenze che creano le identità e non gli approcci proiettivi. Il cane non deve divenire nostra protesi identitaria e soprattutto non dev'essere un mezzo per colmare i nostri gap affettivi o per anestetizzare la nostra complessa o tormentata vita emotiva, ma dev'essere amato per quello che è: una specie differente dalla nostra con le sue necessità etologiche e fisiologiche, in grado di donarci però una forma di amore puro ed incondizionato, che non debba però divenire compensativo . Nel secondo libro, molto più tecnico, "Un mare di cani" , ho invece abbracciato tutta la parte scientifica che disegna, descrive e modella l'apprendimento dei nostri cani, in misura tale da poter consegnare al Lettore gli strumenti per la comprensione dei parametri relazionali descritti ne L'io e il cane, attraverso un approdo più tecnico e forse più votato alla comprensione intellettuale che emozionale. E' mio convincimento, infatti ,che questa interazione tra l'animo umano e quello del cane, possa essere guidata anche attraverso la conoscenza scientifica di questa specie e dei suoi parametri di apprendimento. Infine ho inteso approfondire anche la conoscenza delle strutture dell'aggressività entrando nei suoi meandri, e dei disturbi del comportamento a cui questa specie, non certo programmata biologicamente per vivere nei nostri contesti sociali, possa, purtroppo, andare talvolta incontro».

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