Come capire i comportamenti del nostro cane: la parola all'esperta Valeria Rossi - Expopet

Come capire i segnali che il nostro amico a quattro zampe vuole comunicarci? Come interpretare alcuni suoi comportamenti? Lo abbiamo chiesto ad un'esperta del settore, Valeria Rossi, cinofila, allevatrice, addestratrice, nonché scrittrice sia di vari libri e guide sull'educazione e le diverse razze, che di numerosissimi articoli per il sito “Ti presento il cane”.

Quali sono i principali consigli sul comportamento e la crescita del proprio amico a quattro zampe, e le maggiori preoccupazione che le vengono esposte dai proprietari?

«Nella maggior parte dei casi sono visti come “problemi” alcuni comportamenti normalissimi per il cane (abbaiare, scavare, rosicchiare ecc.), che però non sono graditi al proprietario.
L’aggressività (sia intra- che inter-specifica, ovvero rivolta o agli altri cani o agli esseri umani, o ad entrambi) è un’altra fonte di grandi preoccupazioni: ma anche questa spesso è perfettamente logica dal punto di vista del cane, nel senso che lui ha i suoi buoni motivi per manifestarla. Purtroppo i proprietari non sempre riescono a capire questi motivi e temono quindi di avere un cane “pericoloso”
».

Educare un cane è essenziale, anche se c'è chi sottovaluta questo aspetto magari per inesperienza: quali sono i primi insegnamenti da dare al proprio cucciolo? È possibile educare un cane anche in età adulta?

«Il cane impara a qualsiasi età. Riporto spesso l’esempio di una yorkshire di dodici anni che, cambiando proprietaria, è passata dal ruolo di “peluche acchiappacoccole” (infelice e “spento”) a quello di “cane” a tutti gli effetti, imparando addirittura a fare agility ed appassionandosi con tutta se stessa.
Non ci sono limiti, anche un cane molto anziano può imparare cose nuove (e di solito ne è entusiasta). Naturalmente con un cucciolo il lavoro è molto più semplice, perché la sua mente è come una spugna che assorbe tutti i nostri insegnamenti senza metterli mai in discussione, mentre nel cane adulto le esperienze passate hanno un peso importante.
Un piccolo esempio: per insegnare ad un cucciolo a non inseguire i gatti basta fargli capire che la cosa ci è sgradita, punto e basta. Lui prenderà atto e se ne disinteresserà. Un adulto a cui cerchiamo di spiegare la stessa cosa ci guarderà con la faccia allibita, pensando: “Ma sei matto? Perché mai non dovrei inseguirlo? E’ divertentissimo, l’ho fatto un sacco di volte! Perché non provi anche tu?”. Per quanto riguarda i primi insegnamenti… un po’ come nei bambini umani, prima di ogni altra cosa devono venire le regole di serena e pacifica convivenza con gli umani e la loro società, che per il cane è una società totalmente aliena: il cucciolo deve capire in modo chiaro e limpido cosa gli è permesso e cosa no, cosa ci è gradito e cosa no.

Ovviamente tutti questi insegnamenti vanno dati in modo assolutamente non violento e rispettoso del cane: non ha senso punire un cucciolo perché ancora non si è reso conto che non deve sporcare in casa, così come non ha senso picchiare un bambino perché non ha capito le frazioni. Otterremo solo che abbia paura di noi, non certo che comprenda la matematica!».

Non tutti sono favorevoli all'addestramento del proprio animale domestico: cosa motiva questo scetticismo? Può spiegarci quanto invece sia rilevante insegnare almeno i comandi basilari come il “richiamo”?

«L’unica cosa che può motivare lo scetticismo nei confronti dell’addestramento è il marketing!
Negli ultimi anni, infatti, sono nate diverse “scuole di pensiero” (se così possiamo chiamarle) che travestendosi da gentiliste, buoniste eccetera hanno semplicemente deciso di andare incontro ai desideri di un’enorme fetta di pubblico che purtroppo non sono quelli di capire e seguire il proprio cane, ma quelli di metterci meno impegno e fatica possibile.
In realtà chi non ha tempo/voglia/energie da dedicare al suo cane potrebbe benissimo evitare di prenderne uno: non è un obbligo, non ce lo prescrive il dottore.
Occuparsi di un essere vivente senziente e cognitivo “è” un impegno costante, punto! Se non lo si può assumere, la risposta giusta è “non assumerlo”.

Invece oggi si vuole convincere la gente che non si può vivere senza cane, per poi rifilare – anche a caro prezzo – corsi, corsetti e lezioni varie in cui si “insegna” che il cane dev’essere libero di fare quello che gli pare, che deve “autodeterminarsi”, che non deve mai essere sgridato né corretto. Tutti insegnamenti che cozzano clamorosamente contro l’etologia canina e che a volte hanno risultati devastanti, perché il cane non può “autodeterminarsi” in un mondo che non è il suo, in un gruppo sociale che ha regole completamente diverse dalle sue. Quindi va in confusione, a volte questa confusione sfocia in aggressività e alla fine abbiamo le tragedie. Oppure abbiamo cani allo sbando, totalmente fuori controllo, nevrotici e infelici, che in molti casi vengono “curati” a botte di psicofarmaci e a volte addirittura soppressi.

In tutto questo, i proprietari sborsano enormi quantità di denaro, e purtroppo il mondo del business cinofilo ingrassa a loro spese. Per ottenere questo risultato, queste scuole di pensiero hanno voluto criminalizzare l’addestramento, facendolo passare per violento e coercitivo: ma non c’è nulla di più falso. Addestrare un cane non significa fare di lui “un soldatino” o “un robot”: significa indirizzare le sue doti naturali, significa fargli capire che può mettere in atto le sue (grandi) capacità sotto la nostra guida. Significa essere i suoi maestri di vita, non certo dei “torturatori” o dei sergenti maggiori.
Oltre a tutto questo, un buon addestramento di base rende il cane più gestibile e quindi più facile da amare, perché noi non amiamo chi ci mette in difficoltà.
E poi alcuni comandi, come il richiamo, possono letteralmente salvargli la vita. Nessun cane sa “autodeterminarsi” a non finire sotto un TIR, perché nella sua memoria di specie i TIR non esistono proprio! Un buon richiamo, invece, può impedirgli di buttarsi in mezzo al traffico.
Poi, certo i violenti esistono, in cinofilia come in ogni altro aspetto della vita umana. Ma basta girare alla larga da questi personaggi, non certo da “tutto” il mondo dell’addestramento».

In quale fase della vita il cane dovrebbe iniziare l'addestramento e qual è il rapporto che si viene ad instaurare tra il padrone e il suo animale?

«L’educazione di base dovrebbe iniziare non appena il cucciolo entra in casa: a due mesi. L’addestramento ne è la naturale conseguenza e si sviluppa nel tempo, man mano che il rapporto cane-uomo si stringe e la loro amicizia diventa collaborazione e cooperazione.

Non c’è un’”età X”, c’è un’evoluzione continua che parte delle prime regolette e può arrivare alle grandi performance sportive o di utilità sociale. Si cresce insieme, giorno per giorno, tenendo sempre presenti i limiti (anche fisici) di un cucciolo evitando di chiedergli troppo quando non è ancora abbastanza maturo».

Le pagine della cronaca odierna vedono a volte protagonisti cani che aggrediscono i loro padroni: cos'è secondo lei che scatena una reazione del genere nell'animale? Si può prevenire un comportamento del genere?

«Certo che si può prevenire: basta occuparsi del proprio cane, educarlo, seguirlo.

Non c’è molta differenza tra le tragedie che vedono protagonisti i cani e i delinquenti umani: alla base c’è quasi sempre l’ignoranza, l’incapacità di proprietari (e genitori) di trasmettere dei valori. Solo che nel caso dell’uomo i valori sono culturali, sociali, etici, mentre il cane non ha un senso morale e quindi ha soltanto bisogno di regole precise. Ha bisogno di capire cosa vogliamo/non vogliamo da lui. Siamo sempre e solo noi a gestire la cosa.

Non si può parlare di “cane cattivo” (e tantomeno di “razze cattive”: questa è una grandissima sciocchezza che solo certi politici del tutto ignari della materia potevano concepire): la “cattiveria” in un cane non può proprio esistere come concetto, perché presupporrebbe che lui potesse distinguere il bene dal male. E invece non ne è capace.
Il cane è semplicemente lo specchio dei suoi umani di riferimento: un cane ben allevato, educato, socializzato non sarà mai un cane aggressivo. Ma se nessuno gli insegna come deve comportarsi, allora lui “fa il cane” come può e come sa: e per un cane mordere di fronte a uno stimolo negativo è una cosa assolutamente naturale. Non ha nessun’altra arma a disposizione, se non i suoi denti!
Attenzione, comunque, alla definizione di “padrone” che viene data dai giornali: ho letto fin troppo spesso titoli come “bambino morso dal SUO cane”, quando poi si scopriva che il cane stava legato in giardino e che il bambino, pur essendo il figlio dei suoi proprietari, non l’aveva praticamente mai visto. Quindi, “suo cane” in che senso?

Un cane non diventa tuo perché l’hai pagato, o adottato al canile: diventa tuo se ci costruisci una relazione».

Chi decide di prendere con sé un cane non sempre conosce le esigenze ne le cure di cui l'animale ha bisogno: in quale caso allora una scelta del genere andrebbe scoraggiata soprattutto per evitare di andare incontro ad un possibile abbandono, frequente nella stagione estiva?

«Posso essere sincera? Almeno un buon settanta per cento delle persone che hanno un cane non avrebbero mai dovuto prenderlo. Purtroppo, però, la cultura è l’unica risposta possibile: e la cultura cinofila, nel nostro Paese, sta proprio ai minimi storici, mentre dovrebbe essere inculcata fin dalle scuole dell’obbligo.

Bisognerebbe che la gente sapesse cosa significa “veramente” prendersi cura di un cane. Non basta dire “è un amico per la vita, non abbandonarlo”: bisogna far capire che un cane è un impegno enorme. Che i cuccioli sono degli tsunami a quattro zampe, che gli adulti hanno bisogno di esercizio fisico, che entrambi vanno seguiti dal punto di vista psicologico, perché sono esseri dotati di un cervello funzionante (a volte più funzionante di quello dei loro umani), che un cane è “davvero” un membro della famiglia, ma non soltanto dal punto di vista affettivo.

L’amore non basta, così come non basta per crescere bene un bambino. L’amore è il punto di partenza, non quello di arrivo: tutto il resto è impegno. Un grosso, importante impegno al quale bisognerebbe essere ben preparati, anziché assumerlo sull’onda di un’emozione momentanea.

Gli abbandoni non sono figli soltanto della crudeltà, ma principalmente dellignoranza umana».

Expopet quest'anno si arricchisce ulteriormente con la sua presenza: può darci un piccolissimo accenno su quali saranno gli argomenti su cui verteranno i suoi due seminari?

«Be', più o meno si parlerà delle cose che abbiamo visto fin qui! Soprattutto di cosa significa avere un cane e capire un cane, che forse è la parte più difficile. Certo, non lo si potrà fare solo in poche ore ma spero almeno di poter suscitare l’interesse di chi parteciperà e di spingerlo a volerne sapere di più.
Insomma, ad informarsi e farsi un po’ di cultura cinofila, che è la sola ed unica via per arrivare ad un mondo migliore per cani e umani».

L'appuntamento ad Expopet con Valeria Rossi è per sabato 10 ottobre presso gli spazi espositivi di Etnafiere.

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